To be or not to be

La scenografia realistica di una strada newyorkese, il suo selciato, il marciapiede con il cordolo, un’incrocio contrassegnato da un vero semaforo che disciplina il traffico e che accende a intermittenza le sue luci rosse, verdi, gialle. Il fondale è un muro vero di mattoni a vista, così tipico di certi edifici americani, con una vetrina che si apre in uno squarcio, dove fa mostra di sé la merce che si offre al consumatori.

All’angolo dell’incrocio un cartello stradale segnala le due direzioni che si è voluto intitolare in modo straniante: To BE street, NOT TO BE street, che cita il famoso dilemma shakespeariano di Amleto..
Lungo la careggiata stradale s’incontrano due tombini da cui esala il tipico fumo newyorkese, secondo la memoria di molti notturni nei film americani. Ma da una delle griglie dei tombini fa inopinatamente capolino la testa di un uomo/manichino che sembra uscire dalle viscere della metropoli.

In un impianto sostanzialmente realistico si sono dunque volutamente inseriti elementi incongrui e astratti che hanno il compito di “spiazzare” l’osservatore, fugando ogni intenzione di “riproduzione fotografica” di un ambiente.

Ad avvalorare questa intenzione, i passanti della strada sono manichini con teste astratte, abitatori misteriosi e apparentemente incongrui della scenografia. Ma in relazioni con essi, quasi a confliggere e a negarne la comunicazione, la presenza viva di una modella, per un gioco di rimandi che s’interroga sul rapporto tra verità e artificio, tra realtà e mistificazione



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