La moda, i cavalier, l'arme
Una contaminazione del famoso “incipit” del poema ariostesco “Orlando furioso” (“Le donne, i cavallier, l’arme, gli amori…”), funge da titolo epigrammatico di questa esposizione. La prima edizione dell’opera è infatti coeva al quadro del Moroni.
In luogo di una pedante rivisitazione del tempo storico e della celebre ritrattistica dell’artista lombardo, si è preferita una più libera reinvenzione sul tema del nero, coniugando insieme aderenza filologica e impianto scenografico, per comporre nell’insieme un gioco di allusioni e di rimandi tra le singole figurazioni.
Already in “The matter of the image”, a sixteenth-century-inspired frame emptied of the canvas appears as a stage, a designated place, for a realistic, scenographed “background”, which reconstructs the environment in which the Knight is portrayed in the painting in a third dimension. The articulated mannequin that reproduces the character wears a perfectly identical dress, down to the details, from the headdress to the ruff, to that of the portrait; but, to avoid any historiographic falsification in the warp and in the weaving, it is made of paper.
Già in “La materia dell’immagine” una cornice d’ispirazione cinquecentesca svuotata della tela appare come palcoscenico, luogo deputato, per uno “sfondato” realista, scenografato, che ricostruisce in terza dimensione l’ambiente nel quale il Cavaliere è ritratto nel dipinto. Il manichino articolabile che riproduce il personaggio veste un abito perfettamente identico, fin nei dettagli, dal copricapo alla gorgiera, a quello del ritratto; ma, a evitare qualunque falsificazione storiografica nell’ordito e nella tessitura, esso è realizzato in carta.
Al tema del teatro delle ombre si ispira l’installazione che campeggia al centro della sala: qui l’immaginario ingresso trionfale del principe Filippo d’Asburgo a Milano, lungo il percorso del padre CarloV, col corteo dei suoi cavalieri, assembla in forma miniaturizzata verità storico iconografica e gioco teatrale.
Il cavallo bardato a lutto, oltre a rimandare a un’ulteriore significazione del nero in una delle sue primarie simbologie, dà corpo fedele a un’immagine filologicamente accertata, come quella riportata sul celebre Libro del sarto, la cui copia anastatica è esposta per una libera consultazione. Alcuni tessuti di assoluto pregio risalenti a un periodo tra il tardo Quattrocento e il primo Seicento esemplificano la perizia e il gusto della manifattura dell’epoca, nonché lo splendore di cui si fregiavano i signori del tempo. Volutamente sono stati collocati in box fessurati che costringano il visitatore a un’osservazione minuta e per così dire segreta.